ritrovato il diario del generale graziani dopo piu' di sessantanni.

dal sito liberal on line.

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    e un diario molto importante,ritrovato dopo ben sessantanni.faccio pero' continuare all'autore mauro canali:

    "La guerra segreta di Graziani

    di Mauro Canali [10 giugno 2008]

    Quando il 30 aprile del 1945, il generale Rodolfo Graziani si consegnava agli Alleati, con i quali aveva preso contatto tramite l’agente dell’OSS “Dario”, cioè il capitano D’Addario, aveva con sé numerosi documenti autografi che consegnava loro. Vi erano comprese tre agende, che coprono il periodo da settembre 1939 al gennaio 1941, quando egli ricoprì la carica di capo di stato maggiore, su cui riportò le sue impressioni, i suoi spostamenti, i suoi incontri ed anche alcuni sintetici ma sempre interessanti giudizi su uomini ed eventi. Si tratta delle agende che mancano tra le sue carte depositate all’Archivio centrale dello Stato.

    Le tre agende si trovano, insieme ad altri documenti provenienti dagli archivi di Graziani, ai National Archives, dove le ho rintracciate insieme a un importante memorandum compilato da Graziani per Mussolini sugli incontri che egli andava facendo con i tedeschi per concordare con loro lo sforzo bellico imminente. Un mio saggio sulla nuova documentazione di Graziani vedrà la luce a breve per Nuova Storia Contemporanea, la rivista diretta da Francesco Perfetti. E’ inutile dire che si tratta di documenti di grande interesse, che consentono di capire meglio e, in alcuni casi, di chiarire alcuni punti interrogativi sull’ingresso dell’Italia in guerra il 10 giugno 1940. Sulle condizioni dell’ingresso dell’Italia in guerra a fianco della Germania, vi sono, nei diari di Graziani, assieme ad alcune conferme, alcuni non irrilevanti dettagli che sono decisivi per una visione più completa della condizione con cui il regime fascista si accingeva a trascinare il paese in guerra.

    Per esempio, il 12 marzo 1940, giusto all’indomani della visita di von Ribbentrop a Roma, quella del 10-11 marzo 1940, i documenti di Graziani riportano di una riunione tenuta da Soddu nell’ufficio di Graziani, presenti Roatta, il generale Rossi e il col. Sorice, nel corso della quale ciò che nei diari di Ciano appare assai generico, il ministro degli Esteri scrive di un colloquio «senza slanci né da una parte né dall’altra», viene rappresentato con molta più precisione da Soddu ai responsabili militari riuniti. Scrive Graziani che Soddu riferisce loro: «La Germania non ci chiede di intervenire subito in guerra»; Hitler tuttavia vuole, - e questo è un passaggio interessante - aver chiaro «in modo definitivo» quale sarà l’atteggiamento italiano. Cioè, dichiara esplicitamente Soddu, la Germania vuole «avere la certezza che non interverremo contro di essa».

    Vi è nell’incertezza tedesca non solo la residua diffidenza per un paese, la cui classe politica già in passato non aveva esitato a voltarsi contro la Germania dopo esserne stata alleata, ma anche la diffidenza nei confronti di Ciano, ministro degli Esteri, allora già nel mirino di Hitler e dei suoi collaboratori in quanto ormai su posizioni fortemente ostili nei confronti dell’alleanza Roma-Berlino. Nel corso dell’incontro, riferisce ancora Soddu, Ribbentrop aveva poi dichiarato a Mussolini che «presentandosi l’opportunità di un ns. intervento la Germania ce lo avrebbe reso noto». Mussolini, a sua volta, si era «riservato, a tale riguardo, libertà di azione e di scelta del momento». Altra conferma che viene dai diari, di cui già sapevamo qualcosa da quelli di Ciano, è la vana insistenza tedesca per un riavvicinamento italiano all’Urss.

    Ciò che non si sapeva era che Ribbentrop in occasione della sua visita offrì, in cambio di un accordo del regime fascista con l’Urss, sia pure momentaneamente a carattere esclusivamente commerciale, l’impegno tedesco a fare pressioni su Stalin affinché acconsentisse a una espansione dell’influenza italiana nei Balcani. Interpretando molto probabilmente le convinzioni di Mussolini, Soddu si era dichiarato convinto che si potesse «correre il rischio di dover intervenire entro il 1940». E, in questa prospettiva, auspicava che si accelerasse almeno «l’approntamento dei fucili commissionandone un altro milione in modo di arrivare ad una disponibilità di circa tre milioni», e si intensificasse «la produzione delle munizioni». Ma ancora più interessante appaiono i passaggi della documentazione relativi ai colloqui Mussolini-Hitler avvenuti al Brennero il 18 marzo 1940, cioè alcuni giorni dopo gli incontri romani Mussolini-Ribbentrop.

    Di ritorno dall’incontro, il 19 marzo, Mussolini convoca Graziani, il quale riferisce in modo sintetico ma molto interessante sul colloquio. In quella occasione, scrive Graziani, Mussolini «fissa le linee definitive fondamentali politiche: 1°) da escludere che l’Italia possa rimanere non belligerante fino all’ultimo; 2°) da escludere che l’Italia possa mai marciare a fianco dei Franco-Inglesi; 3°) da tenere per fermo che noi faremo guerra parallela alla Germania; 4°) scelta del momento assolutamente riservata a noi». Mussolini aveva terminato il colloquio invitando Graziani a «considerare la eventualità che, a seguito di gravi colpi inferti dalla Germania alla Francia, si produca per noi il momento favorevole per intervenire a completare il successo e renderlo definitivo». Cioè si ha la conferma che Mussolini progettava sin dal marzo di vibrare la cosiddetta ”pugnalata” alle spalle della Francia. In un successivo colloquio Mussolini-Graziani del 25 marzo, il capo del governo autorizzava il capo di S.M. «ad intavolare intese con lo S.M. tedesco».

    L’ordine di attaccare la Francia. Dopo la dichiarazione di guerra presentata al governo francese il 10 giugno 1940, sul fronte occidentale poco o niente era accaduto, se non qualche piccola scaramuccia tra pattuglie francesi e italiane. In realtà questa sorta di ”drole de guerre” sulle Alpi occidentali era stata decisa da Mussolini e Badoglio sin da prima che iniziassero le ostilità. Il diario di Graziani lo conferma, quando alla data del 9 giugno il generale scrive di aver ricevuto conferma da Roatta «di non sparare per primi alla Frontiera occidentale». Naturalmente al sopraggiungere dei primi atti offensivi francesi Graziani si precipita a scrivere che con essi veniva a cadere «l’illusoria e dannosa inscenatura provocata da Poncet con Ciano e da Parisot con Badoglio, per la quale si era data disposizione ai nostri di non essere i primi a far fuoco», e a ricordare che tali direttive non erano state da lui condivise ma erano state «attuate a mia insaputa, durante la mia permanenza alla frontiera nei giorni 7 e 8».

    Quindi la guerra sul nostro fronte occidentale iniziava con una sorta di ”cessate il fuoco” ancora prima che il fuoco fosse aperto. Con una direttiva data da Badoglio, capo di S.M. generale, e non condivisa dal suo sottoposto capo di S.M. dell’Esercito. Su questo conflitto Badoglio-Graziani i diari sono naturalmente costellati di dettagli, ma alla animosità nei confronti di Badoglio i diari aggiungono alcuni interessanti dettagli di una particolare animosità nei confronti di Ciano, considerato da Graziani il principale ostacolo allo sforzo bellico concertato tra Italia e Germania. Senza dirlo esplicitamente Graziani considera una iattura la decisione di Mussolini di condurre una “guerra parallela”. Lo scriverà esplicitamente quando cercherà di far risalire le cause del poco felice andamento della guerra sul fronte occidentale con il rifiuto di Mussolini di far entrare le nostre truppe in azione sull’ala sinistra dello schieramento tedesco, la cosiddetta questione della ”Porta Burgundica”.

    Graziani si mostra furioso e, di fronte alle notizie dell’avanzata tedesca su Lione e sulla loro possibile discesa su Marsiglia, così commenta: «Questa è la parte che avremmo fatto noi qualora si fosse aderito alla proposta tedesca di inviare una ventina di Divisioni alla P.Burgundica. Proposta che lo S.M. (e per esso io) sostenne e che era scaturita dai contatti avuti con quello tedesco. Proposta che fu fatta naufragare dalla Politica Estera (Palazzo Chigi). I vantaggi che la mossa ci avrebbe dati appaiono oggi palesi. Dopo operato su Belfort noi marceremmo già lungo il Rodano». Di nuovo è Ciano ad essere chiamato in causa. I diari di Graziani sciolgono anche un nodo che aveva interessato anche Renzo De Felice: e cioè «quella di quando Mussolini decise il passaggio all’offensiva e del perché».

    De Felice ricordava che fino ad allora era stata presa per buona la versione di Badoglio per cui «la decisione sarebbe stata presa dal Duce il 15 giugno, quando, nonostante il suo parere contrario, Mussolini gli avrebbe dato l’ordine di attaccare il 18», e che tale ordine era stato «spiegato o con la caduta di Parigi e la volontà del duce di conseguire anche lui un successo militare prima che la Francia fosse messa completamente in fuori giuoco o come risposta al bombardamento navale francese del giorno prima di Genova e Savona».

    In quella circostanza De Felice mostrava di non credere a Badoglio ma di ritenere che l’ordine fosse stato impartito solo il 17, dopo le prime notizie relative alla richiesta di armistizio trasmessa dai francesi ai tedeschi. In realtà i diari smentiscono De Felice e danno in parte ragione a Badoglio. Infatti già il 14 giugno Graziani annotava: «Alle ore 11 sono convocato da S.E. Badoglio nel suo ufficio. Porto con me S.E. Roatta. Impartisce ordini a nome del Duce di riprendere atteggiamento aggressivo alla frontiera occidentale. Meno male!» Ordini ribaditi il giorno dopo, allorché Graziani ci fa sapere che: «Alle 18 S.E. Badoglio chiama me, o Roatta a conferire. Va Roatta, in mia assenza. Il M.llo chiede notizie più precise sulle suddette ipotesi offensive. S.E. Roatta da chiarimenti e mi riferisce. In conseguenza dei successi tedeschi anche sul rovescio della linea Maginot, alle 19.45 ordino a S.E. Roatta di impartire senz’altro gli ordini di movimento relativi alla costituzione delle masse di manovra relative.

    Sospendo di conseguenza la mia partenza per la fronte, che avevo deciso di effettuare stasera e ne do avviso a Soddu con preghiera di informare il Duce. Giunge notizia che i tedeschi hanno occupato Verdun. Gli eventi precipitano. Speriamo di aver il tempo per muoverci!». Il pomeriggio del 15 perciò Graziani era messo in condizione di preparare «l’azione offensiva alla frontiera occidentale (Piccolo San Bernardo – la Maddalena)». Sono quindi le notizie di successi delle armate tedesche a indurre Mussolini a rompere gli indugi e non le notizie di una richiesta di armistizio avanzata dai francesi, come immaginava De Felice. La preparazione dell’attacco procede alacre. Il 17 mattina Graziani firma le direttive per i comandi periferici confermando quelle concertate la sera prima con Badoglio. Solo a questo punto cominciano ad arrivare le notizie sulla «crisi di Governo in Francia (Ministero Petain)».

    A seguito di queste notizie, e «previa concertazione» con Badoglio e con Soddu, Graziani decide «di confermare le direttive stesse», ma riservandosi «di dare il via ai movimenti delle truppe nelle Valli, per la costituzione delle masse di manovra, allo scopo di non essere in crisi di spostamento qualora, concludendosi la pace o un armistizio, ci si chiedesse di muovere senz’altro verso il Rodano». A mezzogiorno Mussolini convoca Graziani a Palazzo Venezia, dove si trova anche Badoglio, per chiedergli «notizie sul nostro schieramento». In questa circostanza egli approva gli ordini dati e, scrive Graziani: «Si decide di agire con mossa principale dalla Maddalena, e dimostrativa dalla Val d’Aosta». Solo quando si stanno diramando gli ordini per l’offensiva, riferisce ancora Graziani che: «Petain ha comunicato alla Radio che la Francia cessa di combattere». I vertici militari si chiedono se, alla luce di quanto diramato dalla radio, i preparativi per l’offensiva debbano procedere.

    A sciogliere qualsiasi dubbio è una telefonata diretta di Mussolini a Graziani. Riferisce Graziani: «Infatti alle ore 17.35 mi chiama al telefono il Duce che mi da le seguenti direttive: 1°) Continuare la preparazione per le operazioni studiate. 2°) Cessare da questo momento ogni atto di ostilità al confine. 3°) Ulteriori decisioni saranno prese dopo il convegno di Monaco - per stabilire le condizioni di pace - che avrà luogo domani tra il Duce ed Hitler». E’ solo dopo il ritorno di Mussolini da Monaco dove s’era incontrato con Hitler, che verrà dato l’ordine di attaccare.

    La nuova documentazione conferma quindi che, dopo la dichiarazione di guerra del 10 giugno, Mussolini ordinò d’iniziare vere e proprie operazioni militari non quando gli giunsero le notizie di richieste di armistizio avanzate da Petain ai tedeschi, ma molto prima, cioè quando si rese conto della rapida avanzata tedesca a sud, lungo il Rodano, oltre Lione. Ciò proverebbe tra l’altro che Mussolini, sempre perseguendo l’idea della «guerra parallela», coltivasse l’idea di estendere la zona di occupazione italiana fino al Rodano, e che ad impedirglielo fosse la richiesta di armistizio di Petain."

    ecco l'articolo on line:
    http://www.liberal.it/dettaglio.asp?id=598

     
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  2. decima!
     
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    uno ritrovamento importantissimo, non c'è che dire. in effetti nei NARA ci sono anche molti documenti italiani.
     
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  3. BASE OVEST
     
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    CITAZIONE (decima! @ 11/6/2008, 18:07)
    uno ritrovamento importantissimo, non c'è che dire. in effetti nei NARA ci sono anche molti documenti italiani.

    e non soli lì.se e' importante forse cambieranno alcune tesi storiche,soprattutto il periodo del suo comando,dell'alleanza italo-tedesca e' sulla questione francia e unione sovietica.
     
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2 replies since 11/6/2008, 16:50   466 views
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