LA NAVE GIULIO CESARE

per gentile concessione di francesco fatica dell'ISSES di napoli

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  1. BASE OVEST
     
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    L’AMMUTINAMENTO DELL’EQUIPAGGIO DELLA “GIULIO CESARE”
    LE REAZIONI DOPO LA CONSEGNA ALL’URSS
    L’AFFONDAMENTO DELLA “CRISTOFORO COLOMBO”
    E IL MISTERIOSO AFFONDAMENTO DELLA EX “GIULIO CESARE”

    Francesco Fatica

    L’AMMUTINAMENTO

    Quando giunse l’ordine di andare a Malta, pur avendo avuto assicurazioni che non si trattava di una resa, che non sarebbe stata ammainata la bandiera, pur avendo gli ammiragli di Supermarina invocato il bene supremo della Patria ed altre capziose considerazioni poi rivelatesi menzognere, il dissenso tra gli ufficiali e tra i marinai era stato tanto preoccupante da costringere qualche ammiraglio, prono agli ordini del monarca in fuga, a far montare scolte armate di guardia alle riservette delle munizioni e delle armi portatili, paventando sabotaggi o sommosse ed ammutinamenti in navigazione, quali effettivamente avvennero sulla corazzata “Giulio Cesare”. Poi ci pensarono gli ottusi attacchi dell’aviazione tedesca o di un Mas in mano ai tedeschi, nel caso particolare della “Giulio Cesare”, a togliere a qualche marinaio ogni residua voglia di tener fede alla parola data all’alleato che si comportava da nemico.

    L’otto settembre la nave da battaglia “Giulio Cesare” si trovava a Pola , ai grandi lavori; appena ricevuto da Supermarina l’ordine di partire, la nave fu riarmata in fretta e uscì con equipaggio ridotto, ma un sommergibile tedesco attendeva la corazzata all’uscita dal porto con l’intenzione di silurarla. La torpediniera “Sagittario” lo scorse, e intuite le sue intenzioni gli si lanciò contro per speronarlo. L’unità tedesca fu costretta a scansarsi, così che il siluro mancò il bersaglio e andò a esplodere contro la scogliera. Il “Giulio Cesare” si allontanò in mare aperto.
    Nel frattempo, durante la navigazione, ebbe istruzioni di andare a Cattaro, in Dalmazia, per salvare una divisione italiana in pericolo.
    Ma, giunti nelle acque di Cattaro, il Comando fu informato che i tedeschi avevano minato quella zona di mare. Pertanto si rese impossibile dare esecuzione alla missione affidata.
    Ma non appena l’equipaggio apprese che la corazzata sarebbe stata condotta nella base navale inglese di Malta si ribellò e con le armi in pugno tentò di strappare al comandante l’ordine di affondarsi . Il comandante e gli ufficiali superiori erano stati disarmati e radunati nel quadrato ufficiali, guardati a vista da marinai armati.
    L’ordine ricevuto dal “Giulio Cesare” era di consegnarsi agli Inglesi in obbedienza alle condizioni dell’armistizio. Tra i giovani ufficiali ammutinati per opporsi a quest’ordine, uno dei più determinati era il guardiamarina Tentoni
    Di fronte a tale drammatica situazione, e per evitare tragiche conseguenze, il comandante, si vide costretto a cedere e diede gli ordini opportuni per prepararsi all’autoaffondamento, ma poi cominciò a parlare ed a ragionare pacatamente, paternamente, con i giovani capi dei rivoltosi, toccando sapientemente le corde della solidarietà, dello spirito di corpo, dell’affetto che legava il comandante al suo equipaggio, pian piano riconquistandone l’animo, aiutato molto nella sua determinazione dal comportamento dei tedeschi che continuavano a dimostrarsi nemici.
    Infatti, il “Giulio Cesare” fu sottoposto ad un nuovo attacco tedesco: una formazione di Stukas aveva raggiunto la nave, probabilmente ritenendola disarmata, ma il guardiamarina Tentoni poté organizzare il fuoco contraereo. Gli attaccanti sembrarono sorpresi da questa reazione, forse inattesa. La contraerea li portò a scomporre la formazione di attacco e le bombe, sganciate senza precisione, finirono in mare.

    Alla fine, sempre rifiutando di portare la nave a Malta, gli ammutinati si lasciarono convincere a non autoaffondarsi, ma a portare la nave nella base navale più vicina. Così si riprese la navigazione verso sud per raggiungere Taranto.
    Ma durante questa navigazione furono molestati da un Mas su cui erano imbarcati ufficiali tedeschi partiti in crociera di guerra e che incontrarono la “Giulio Cesare”.
    Era accaduto che lo stesso ammiraglio Brivonesi, comandante della base navale di Taranto, aveva dato cavallerescamente un Mas agli ufficiali tedeschi che erano a Taranto per installare i radar sulle navi maggiori , onde questi ufficiali potessero ritirarsi al Nord, come avevano solennemente promesso. L’ammiraglio aveva rigettata l’ipotesi di trattenere gli ufficiali tedeschi che fino al giorno prima avevano collaborato cameratescamente da alleati cordiali, fedeli ed efficienti, e si vedeva improvvisamente costretto a trattarli da nemici, ma il suo onore di soldato cavalleresco si ribellava e così aveva trovato l’escamotage del Mas.
    Tuttavia gli ufficiali tedeschi, ritennero poi che il dovere verso il Terzo Reich, doveva essere considerato ben superiore all’impegno della parola data e si misero in caccia della “Giulio Cesare”.
    La situazione potrebbe apparire oggi tragicomica, ma, al momento non mancò di irritare notevolmente non solo il comandante, ma anche lo stesso equipaggio ammutinato.
    La corazzata, sottoposta agli attacchi del Mas, fu costretta a zigzagare a tutta velocità perdendo tempo e pazienza, e consumando molta nafta, mentre il Mas effettuava caparbiamente circumvoluzioni serrate per portarsi in sempre nuove dislocazioni di lancio.
    Così la corazzata finì per arrivare a Taranto con le ultime gocce di nafta e dopo che gli inglesi avevano già preso possesso della piazzaforte.
    Si trovarono quindi tutti, ammutinati e ufficiali superiori che erano rimasti rinchiusi nel quadrato ufficiali, tutti sotto tiro dei cannoni di quello stesso nemico a cui non avrebbero voluto arrendersi.
    Sul “Giulio Cesare” il comandante ottenne di essere reintegrato nel comando e di poter condurre la nave alla destinazione ordinata. Sbarcati i più compromessi dell’equipaggio, fu facile far capire agli altri che stare a Taranto era come stare a Malta, e quindi i marinai si lasciarono convincere a proseguire per Malta, dove arrivarono soltanto il 13 settembre.
    Il comandante aveva promesso di non fare parola dell’accaduto, così da non esporre a conseguenze gli ammutinati. In realtà una volta a Taranto, Tentoni e gli altri capi dell’ammutinamento furono denunciati, processati e condannati. Va detto però che la Marina trattò con una certa benevolenza gli ammutinati, condannandoli a pene lievi e reintegrandoli in seguito in servizio e nel cursus honorum.

    Ma la storia della “Giulio Cesare” non finisce qui. Non siamo più all’8 settembre e il lettore che non fosse interessato può smettere a questo punto la lettura, ma le vicende posteriori sono in qualche modo collegate, in quanto si tratta di reazioni alla vergogna della resa.

    Nel 1947, in esecuzione del trattato di pace, la “Giulio Cesare”, assieme alla bella Nave Scuola “Cristoforo Colombo” e ad altre navi, fu ceduta all’Urss.
    Quanto avvenne prima della cessione e dopo, non esula completamente dagli avvenimenti dell’otto settembre, ma è strettamente collegato in quanto dimostra che il dissenso dalla consegna a Malta era profondamente radicato e l’onta della consegna all’Urss, che per di più era la centrale del comunismo, era vissuta ancora peggio come un‘offesa da dover riscattare, pure dopo aver covato la scottante ferita per tanti anni.

    LA CONSEGNA DELLE NAVI, IL MITO DELLA “CRISTOFORO COLOMBO”
    Tuttavia quando si seppe della consegna delle navi a potenze straniere, ed in particolare all’Urss, il fermento della reazione ricominciò a montare tra gli equipaggi.
    Nel 1947 le navi da cedere alla Russia, in attesa della consegna, erano ancorate nella base navale di Taranto sotto stretta sorveglianza, che si esplicava per mezzo di ronde, sia sulla banchina che in tutto il porto; inoltre erano state anche disposte riservate perlustrazioni e controlli dei servizi segreti della Marina Militare in città e nei dintorni, tenendo d’occhio particolarmente ambienti fascisti.
    Di più, intorno alle navi avvenivano continue ispezioni subacquee con palombari e uomini-rana, per il timore che elementi dissenzienti della stessa Marina Militare potessero applicare alla carena delle navi ordigni esplosivi in grado di provocarne l’affondamento.
    I giovani dei Far , guidati da Clemente (Lello) Graziani e Franco Dragoni, avevano preso di mira la Nave Scuola “Cristoforo Colombo”, che aveva allenato e addestrato alla vita di mare decine e decine di generazioni di ufficiali, i quali si erano arrampicati sulle sartie dei suoi tre alberi per manovrare le vele secondo la più classica e audace tradizione marinara.
    La “Cristoforo Colombo” quindi era un mito, rappresentava tutta la Marina Militare italiana; bisognava sottrarla all’onta della cessione allo straniero, onta che feriva l’orgoglio nazionale oltre che quello della Marina, e veniva aggravata dal fatto che questo paese straniero era la culla del comunismo.
    Ma il piano dei giovani “faristi” venne scoperto dai servizi segreti della Marina Militare in stretta collaborazione con polizia e carabinieri, i quali avevano da tempo infiltrato talpe nei Far.
    Il 20 gennaio 1949 vennero arrestati a Taranto lo studente universitario Clemente Graziani ed il motorista Biagio Bertucci, mentre a Roma la polizia arrestò altri cinque ex marò della Decima proprio quando, alla stazione Termini, stavano per prendere il treno per Taranto. Erano: Paolo Andriani, Sergio Baldassini, Fabio Galiani, Fabrizio Galliani, e Alberto Tagliaferro, reduci del battaglione “Barbarigo” della X Mas; che si erano coperti di gloria sul fronte di Nettuno nel ’44. Nelle valigie vennero trovati sette chili di tritolo. Un altro reduce della X Mas, Vladimiro Villani, venne arrestato a Lecce il 25 gennaio e nei giorni seguenti finirono in manette altri sette congiurati che si preparavano a far la loro parte. Tra essi Franco Dragoni e lo studente Antonio Ajroldi, figlio di un noto magistrato.
    A Taranto e a Roma avvennero clamorose manifestazioni di solidarietà per gli arrestati, manifestazioni tumultuose anche a Bari e a Brindisi. A Roma, in particolare, scoppiarono violenti scontri con la “Celere” con lanci di pietre e anche, in qualche caso, con corpo a corpo furibondi. Gli scontri si protrassero per tutta la giornata in tutto il centro cittadino.
    La “Cristoforo Colombo”, poi, una volta acquisita dalla flotta sovietica, fu addirittura disalberata e adibita al trasporto di carbone. Supremo oltraggio per la Marina italiana, ma anche palese e ignominiosa mancanza di tradizioni marinare nella Marina sovietica e chiara ammissione di incapacità di manovrare un classico trealberi attrezzato con vele quadre.
    Un decennio dopo la consegna all’Urss la “Cristoforo Colombo” subì un attentato esplosivo ed affondò nel porto di Odessa . E’intuibile, e non spiegabile altrimenti, che marinai italiani, ritenendosi ancora oltraggiati nell’onore nazionale, non avessero dimenticato, e pertanto avessero agito spavaldamente in un ben custodito porto dell’Unione Sovietica.


    IL MISTERO DELL’AFFONDAMENTO DELLA EX “GIULIO CESARE”

    Pochi anni prima, una misteriosa esplosione nella base navale sovietica di Sebastopoli aveva già fato pensare che i marinai d’Italia non avevano dimenticato l’onta della cessione delle navi all’Urss.
    Infatti verso le ore 22 e 55 (minuto più, minuto meno) del 28 ottobre 1955 la corazzata ”Novorossijsk” (ex “Giulio Cesare”, ceduta nel 1947 all’Urss in esecuzione del trattato di pace) fu squarciata da una fortissima esplosione – registrata anche dai sismografi della Crimea – che perforò lo scafo, le piattaforme e tutti i ponti della parte prodiera della nave da battaglia, provocando una falla spaventosa: (48 mq.circa).
    All’epoca si parlò di una mina da fondo tedesca, che sarebbe stata urtata da un’ancora della stessa nave, ma questa ipotesi si rivelò insostenibile poiché la “Novorossijsk” era ormeggiata alla boa N° 5 e quindi «non aveva dato fondo all’ancora.» ( ammiraglio B. N. Bobkov)
    Ma anche altri, a cominciare dallo stesso ammiraglio Kuznetsov, comandante in capo della flotta sovietica, si dimostrarono scettici in proposito.
    Ancora più concretamente l’ammiraglio Bobkov, a conclusione delle sue riflessioni, (citate nella nota 3) accreditò l’ipotesi di un sabotaggio ad opera di una squadra di incursori della Marina Italiana.
    Nel 1992 su Il Tempo dell’8 aprile fu riportata una “smentita” dell’ammiraglio Gino Birindelli ad un articolo sull’argomento, apparso sulla stampa a Mosca, suscitando vivo interesse anche all’estero. Birindelli affermava testualmente:«Magari fossimo stati noi ad affondare la corazzata Giulio Cesare, che avevamo dovuto cedere all’ Unione Sovietica in conto riparazioni danni di
     
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  2. Ring_eVil
     
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    Mio nonno vi è stato imbarcato!!!

    Non ci volevano andare a Malta, però mio nonno mi parlò di un episodio strano... la Cavour gli puntò contro i cannoni e furono costretti ad andarci sotto minaccia, 40 giorni senza provviste presso gli inglesi...

    Mi nonno mi disse anche che quando la nave fu ceduta all'URSS il comandante russo appena ci mise piede morì:"Cesare ammazza il nemico anche da morto" pressapoco questo scrivevano i giornali del giorno dopo a Taranto.

    Se riesco a collegare lo scan al PC vi mando i documenti di imbarco sulla Giulio Cesare che ho conservato nel mio cassetto!!!
    ;)

    Allora, ho rivisto qualche documento e ho constatato che mio nonno è stato imbarcato sul Giulio Cesare il 26/09/42 e sbarcato il 27/01/43, quindi l'episodio di cui vi parlavo prima non interessava la Giulio Cesare, bensì il Pompeo Magno (fino al 28/02/46). Dovrei rivedere anche il nome della "nave ricattatrice", a questo punto credo fosse l'Andrea Doria e non il Cavour, comunque devo rivedere un po' di cose, poi vi faccio sapere qualcosa di più preciso ... e di più.
     
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  3. Ring_eVil
     
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    Non so se può interessare...e nono so nemmeno sia la sezione giusto, ma in Materiale Cartaceo credo vadano documenti decima, questi invece non lo sono. Li posto qui...
    In alto si può leggere distintamente NAVE "GIULIO, vabbè REGIA si capisce e quella C...beh, spero tanto non sia Giulio Cozzaro... xD

    Questa è la prima
     
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  4. Ring_eVil
     
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    Ecco la seconda ma non è più Giulio Cesare...è il Pompeo Magno:



    e questa è la pagine seguente, ve le faccio vedere per notare un paio di cosette strane:
    -prima di tutto che a grado d'istruzione "Se sa scrive e leggere" sono due parametri divisi xD, non vedo come una persona che sa leggere non è in grado di scrivere e viceversa;
    -secondo...guardate a "campagne,ferite,decorazioni ecc." c'è scritto "Guerra 1940/43" e poi "Guerra di liberazione". Ciò testimonia che in qualche modo il Governo Italiano riconobbe ufficialmente una guerra contro i tedeschi e non quell'obrobrio di Badoglio che diceva sparate a chi vi spara...


     
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  5. decima!
     
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    le competenze si separavano perchè uno può "leggere" (assegnando ai gruppi di lettere un dato significato) e non saper scrivere (non conoscendo in realtà la grammatica).

    sul Badoglio, tedeschi, liberaz. etc, niente di strano, il doc è del 1946, era chiaro che scrivessero "guerra di liberazione".

    Ciao,

    Andrea
     
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  6. Ring_eVil
     
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    Ah ok grazie... :)
     
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5 replies since 12/11/2008, 17:35   1650 views
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