storia completa della folgore.dai fanti libici ai giorni attuali.

dal sito brigata folgore

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  1. BASE OVEST
     
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    preso dal sito brigatafolgore.com e dedicato ai para' che visitano il nostro forum.
    da premettere che non tratta il periodo 1943/45,forse per non creare polemiche.

    Storia della Brigata Paracadutisti Folgore

    Come è nata la "Folgore"

    Precursori dei reparti di paracadutisti nazionali furono i "Fanti dell'aria Libici", voluti con lungimirante determinazione da Italo Balbo, Governatore Generale della Libia. Superando difficoltà di ogni genere, Balbo riusci a far nascere il 22 marzo 1938 una scuola di paracadutismo all'Aeroporto di Castel Benito, presso Tripoli. L'idea era di creare un battaglione di "Fanti dell'aria" libici inquadrati da ufficiali e sottufficiali nazionali affidandone il comando ad uno dei più valorosi ed esperti ufficiali coloniali, il Tenente Colonnello Medaglia d'Oro al Valor Militare Goffredo Tonini.
    Si lavorava su un terreno vergine, bisognava continuamente inventare, l'addestramento era molto difficile ed oltretutto la diffidenza innata delle truppe di colore per l'aereo non era ostacolo che si potesse superare con facilità.

    Il primo lancio su Tarquinia - uscita ad angelo Il tenente pilota Prospero Freri andò in Libia e si diede ad addestrare nell'uso del paracadute "Salvator" D/37, da lui inventato, gli ufficiali che avrebbero dovuto diventare a loro volta istruttori degli indigeni. Tutto fu fatto rapidamente e gli Ascari, una volta presa confidenza con gli aerei e con i lanci, divennero eccellenti atleti. Purtroppo le prime prove vennero compiute con apparecchi S/81 piuttosto inadatti. Ci furono 15 morti e 72 feriti.

    Comunque, si continuò costituendo un secondo battaglione, fin quando il 23 maggio del '40 si costituiva a Barce il primo battaglione di paracadutisti nazionali al comando del Maggiore Arturo Calascibetta. Questa volta però si pose maggior cura alla parte più spiccatamente tecnica. Vennero impiegati gli SM/75, opportunamente modificati, mentre il paracadute "Salvator" D/37 fu sostituito dal I/40 che aveva una calotta di maggiori dimensioni e consentiva quindi una velocità di discesa leggermente inferiore. Si stava così procedendo nell'addestramento, quando scoppiò il secondo conflitto mondiale.

    1938 Ufficiali dei primi 2 battaglioni paracadutisti libici e nazionali I battaglioni di paracadutisti "libici" e "nazionali", riuniti con altre unità, costituirono il

    "gruppo mobile Tonini" con il compito di rallentare le prime avanzate delle truppe britanniche . Altri scontri si verificarono nel 1941, con disperati atti di valore. I pochi superstiti nazionali tornarono in Italia alla Scuola di Tarquinia dove era stata organizzata nella primavera del '40 una scuola militare di paracadutismo che negli anni sarebbe diventata il simbolo dei fanti dell'aria. L'uomo di Tarquinia era il Colonnello pilota paracadutista Giuseppe Baudoin de Gillette, che divenne un pò il padre spirituale di tutti i paracadutisti italiani. A Tarquinia accorsero giovani da ogni specialità delle Forze Armate, sicché la selezione poté essere rigorosissima: il 60% dei volontari venne scartato, ma coloro che rimasero erano veramente ragazzi di prim'ordine. Le difficoltà, come al solito, furono enormi; a Tarquinia c'erano solo un campo d'aviazione, alcune baracche e nient'altro. Baudoin aveva però attorno a sé un valente gruppo di istruttori. Sorsero come per incanto baraccamenti, tende giganti, mentre dalla Piazza d'Armi di Villa Glori a Roma fu fatta sparire una torre metallica di addestramento alta oltre 50 metri, che venne rimontata alla chetichella sul campo di Tarquinia. Da questa scuola che nel gennaio del '43 fu trasferita a Viterbo, uscirono i paracadutisti delle Divisioni "Folgore" e "Nembo", quelli del battaglione Carabinieri, del battaglione San Marco, della Marina, del X Arditi e battaglioni 1° e ADRA (Arditi Distruttori Regia Aereonautica). La "Folgore" venne spedita a fare la guerra di trincea nell'inferno di El Qattara ad El Alamein. La Divisione "Nembo", superata la crisi conseguente all'armistizio, l'8 settembre 1943, fu protagonista della guerra di Liberazione.

    La Divisione Folgore

    I primi reparti di paracadutisti italiani dunque, eccezion fatta per i due battaglioni costituiti in Libia, furono formati presso la Scuola di Tarquinia. Nell'ambito di questa scuola, nel 1940, numerosi volontari provenienti da ogni tipo di Arma, Corpo e Specialità del Regio Esercito, diedero vita al Il battaglione (comandato dal Tenente Colonnello Benzi). Agli inizi dei 1941 sorse il III battaglione (Maggiore Pignatelli di Cerchiara), seguito poco dopo dal IV battaglione (Maggiore Bechi Luserna).
    Queste tre unità, il 1 aprile 1941, formarono il 1 reggimento paracadutisti comandato dal Colonnello Riccardo Bignami.

    Nello stesso mese, venendosi a concludere la lunga e sanguinosa campagna di Grecia, i paracadutisti furono chiamati a conquistare l'isola di Cefalonia. Incaricato dell'operazione fu il Il battaglione, che trasferì a Lecce due delle sue compagnie, al comando dei Maggiore Zanninovich. Il 30 aprile, dall'aeroporto di Galatina, decollarono alcuni SM-82: il lancio avvenne nella piana di Argostoli e l'azione riuscì senza che fosse sparato un solo colpo. Disarmato il presidio locale, composto da alcune centinaia di gendarmi greci, il gìorno successivo aliquote di paracadutisti, requisiti alcuni pescherecci, sbarcarono nelle isole di Zante e Itaca, evitando che le medesime cadessero sotto il controllo tedesco.

    Paracadutisti si imbarcano sul trimotore Savoia Marchetti 82 Il 5 maggio gli uomini del II battaglione vennero ritirati e sostituiti. Il primo lancio di guerra, per i nostri paracadutisti, si era concluso con un pieno successo. Continuava intanto l'addestramento e la costituzione di nuovi battaglioni, sempre identificati da una numerazione progressiva; tra l'estate 1941 e la primavera 1942 ne furono costituiti sette, tra i quali uno di guastatori-paracadutisti, mentre il 10 agosto 1941 fu formato un gruppo di artiglieria: ora i tempi si dimostravano maturi per poter costituire una Grande Unità.

    Questa fu ufficialmente costituita il 1 settembre 1941, riunendo il 1° ed il 2° reggimento paracadutisti (V, VI e VII btg.), I'VIII battaglione guastatori-paracadutisti ed il gruppo artiglieria per divisione paracadutisti, che nel gennaio 1942 fu ampliato a reggimento su due gruppi. Ovviamente non tutte le unità furono immediatamente disponibili ed operative, ma lo divennero man mano che procedevano le fasi di addestramento.
    Nel marzo successivo si aggiunse un 3° reggimento paracadutisti (IX-X e XI btg.), mentre entro giugno il reggimento artiglieria ricevette un terzo gruppo.

    La torre di addestramento alta 52 m, simbolo della scuola di Tarquinia La Divisione paracadutisti, così costituita, si discostava dalle altre unità di questo livello per il fatto di essere organicamente più leggera, dotata di servizi ridotti e non gravata da pesanti strutture logistiche. Anche il reggimento di artiglieria era dotato unicamente di pezzi da 47/32, destinati a compiti anticarro (ed anche questi con limiti ben precisi) ma inadatto a fornire un normale supporto di fuoco. Pochi i mortai e le armi da accompagnamento, con l'unico vantaggio che l'armamento individuale prevedeva il mitra Beretta. Daltronde tale armamento ben si configurava nell'ambito dell' azione tipo che l'unità era chiamata, almeno istituzionalmente, a compiere: l'aviolancio con azione a sorpresa su un obiettivo e la successiva costituzione di una testa di ponte da difendere per un lasso di tempo limitato, sino ad essere rilevata da forze convenzionali. Belle teorie, quelle esposte, che alla futura "Folgore" furono però negate dagli eventi bellici.

    La la Divisione paracadutisti, questo era il nome ufficiale della nuova Grande Unità, fu posta al comando dei Generale Francesco Sapienza, sostituito quasi subito dal Generale Enrico Frattini. L'addestramento iniziale fu svolto sino al maggio 1942 in Toscana e nel Lazio, poi vi fu il trasferimento nelle Puglie per le successive fasi addestrative, anche in previsione di un lancio in massa su Malta, nell'ambito dell'operazione convenzionalmente conosciuta con la sigla "C3".
    L'eccessiva fiducia riposta nei successi di Rommel e la caduta di Tobruck, privilegiarono invece le operazioni da condurre verso l'Egitto e pertanto la fondamentale azione su Malta, per la quale i paracadutisti tanto si erano ìmpegnati, venne abbandonata, negando così alla Divisione il diritto di essere impiegata nella sua totalità in un lancio di guerra. L'esultanza, quando nel luglio 1942 venne deciso il suo impiego in Africa Settentrionale, fu di breve durata, in quanto ben presto i paracadutisti si resero conto che difficilmente sarebbero stati impiegati in aviolanci, ma visto che le dotazioni di lancìo vennero mantenute, rimase ancora qualche flebile speranza.

    Contemporaneamente la Divisione subì anche un riordinamento organico divenendo, il 28 luglio, 185° Divisione paracadutisti ed assumendo il nome di "Folgore", derivato dal motto latino "Ex Alto Fulgor" coniato per il suo 1° reggimento. Il riordinamento coinvolse anche i suoi reggimenti, che assunsero la nuova numerazione di 185°, 186° e 187°, mentre il reggimento di artiglieria e le aliquote delle specialità furono contraddistinte sempre dal numero 185.
    Le novità non erano però ancora terminate in quanto, essendo stata decisa la formazione di una nuova Divisione paracadutisti, il 185° reggimento fu trattenuto in Italia, quale nucleo costitutivo della nuova unità, inquadrando il III battaglione e cedendo gli altri due (IV e V) al 187° reggimento. Da questo momento, quindi, la "Folgore" assunse la struttura binaria ed iniziò il suo trasferimento in Africa Settentrionale alla spicciolata, in parte per via aerea dai campi di volo del leccese, in parte dopo un lungo e tortuoso viaggio attraverso i Balcani, da Atene, sempre per via aerea.

    La prima unità ad arrivare sul suolo africano fu il IV/187° dei Tenente Colonnello Bechi Luserna che giunse a Fuka il 18 Luglio, subito seguìto dagli altri reparti divisionali. Concentrati a El Daba, i paracadutisti, per ragioni di segretezza, dovettero rinunziare a portare il brevetto e tutto quanto di altro poteva denunciare la loro specializzazione. Si trattò di un grande sacrificio, acuito dal fatto che anche la Divisione, per i medesimi motivi, dovette adottare il nome di "Cacciatori d'Africa", e che giunse, perentorio, l'ordine di consegnare tutto il materiale di lancio, che doveva essere rimandato a Derna per l'immagazzinamento: l'ultima speranza di poter effettuare un lancio di guerra venne così a cadere.


    La rinascita della "Folgore"

    Lenta e costellata da innumerevoli difficoltà, fu la ricostruzione della Specialità paracadutisti nel secondo dopoguerra.
    Infatti le clausole del Trattato di Pace erano drasticamente limitative riguardo le Forze Armate Italiane e non tenevano in nessun conto il fatto che queste ultime, dall' Ottobre 1943 all' Aprile 1945, avevano operato a fianco degli Alleati.
    Tra le altre imposizioni dettate, vi era il divieto di costituire ed addestrare unità di paracadutisti, proprio alla luce dell' importanza che la nascente specialità aveva dimostrato nel corso del conflitto mondiale.

    Nel 1946 fu attuato un Centro di Esperienze per il Paracadutismo Militare, formato a Roma con ufficiali e sottufficiali istruttori già appartenenti al reggimento "Nembo", che furono in grado di procedere con l'addestramento, utilizzando vecchi materiali di lancio ed aerei SM-82 sfuggiti alla demolizione, grazie alla cessione al Sovrano Militare Ordine di Malta, con le cui insegne volavano. Così fu possibile far riprendere i cicli addestrativi di lancio ad ex militari ed anche ad un certo numero di civili.
    Nel gennaio 1947 vennero riuniti presso il Centro Militare di Paracadutismo (C.M.P.) di Roma, comandato dal Tenente Colonnello Izzo.Aviolancio da porte laterali dal velivolo C-119 con paracadute CMP-55
    L'anno seguente, grazie alla costituzione di una unità sperimentale a livello di compagnia, che iniquadrava anche personale di leva, il Centro lasciò la sede romana per portarsi il 13 marzo a Viterbo, ove già nel periodo bellico era esistita la Scuola paracadutisti militari, affiancata nel 1942 a quella di Tarquinia.

    Nel contempo, mutata la situazione internazionale ed apertosi il periodo della "guerrafredda" tra le potenze occidentali ed i paesi del blocco sovietico, vennero ad attenuarsi le pesanti limitazioni imposte dal Trattato di Pace, mentre l'ingresso dell' Italia nell' ambito della N.A.T.O., ne sanci la definitiva caduta.
    L' attività del Centro poté allora proseguire senza soste: le compagnie paracadutisti divennero due e nel 1952 diedero vita al battaglione paracadutisti, prima unita di tale livello ad essere costituita nel dopoguerra.
    Vennero successivamente costituiti un reparto carabinieri paracadutisti, un reparto sabotatori e cinque plotoni alpini paracadutisti destinati ad altrettante Brigate. Contemporaneamente veniva migliorato il materiale di lancio con l'adozione del paracadute C.M.P. 53 (che finalmente prevedeva anche il paracadute ausiliario) mentre nel campo aereo i vetusti SM-82 lasciarono il campo ai più moderni Fairchild C-119G FLYING BOXCAR (o ''vagoni volanti" nella diffusa dizione italiana) ceduti dagli Stati Uniti in conto MDAP (Mutual Defence Assistance Program).
    A partire dal 1957 venne ampliato il contingente di leva destinato a ricevere il brevetto da paracadutista ed allo stesso tempo il battaglione operativo venne ampliato quanto ad organici, trasformandosi nel 1° gruppo tattico paracadutisti. A seguito di questo potenziamento fu presa la decisione di lasciare la vecchia sede di Viterbo e di trasferire tutte le unita appartenenti alle aviotruppe nelle nuove sedi di Pisa e Livorno.

    A Pisa si trasferirono il Centro Militare di Patacadutismo, i reparti Carabinieri e Sabotatori, il reparto Addestramento Reclute, l'Ufficio Studi ed Esperienze e la compagnia aviorifornimenti, mentre a Livorno ebbe sede il 1° gruppo tattico paracadutisti e la costituenda 1° batteria artiglieria paracadutisti. Contemporaneamente a tutti gli effettivi di queste unità fu concessa l'autorizzazione a portare, al posto del basco "cachi" precedentemente in uso, quello "grigioverde" (già della Nembo) quale riconoscimento simbolico della Specialità che si apprestava a nuovi importanti sviluppi.

    Il 1 gennaio 1963, per trasformazione del Centro Militare di Paracadutismo, si costituì a Pisa la Brigata Paracadutisti, con la seguente struttura:

    Comando
    Compagnia carabinieri paracadutisti (divenuta poi battaglione)
    Battaglione sabotatori paracadutisti
    1° reggimento paracadutisti (su due battaglioni)
    Gruppo artiglieria da campagna paracadutisti
    Sezione elicotteri (costituita soltanto nel 1966)
    Centro Addestramento Paracadutisti (CEPAR)

    L'anno successivo il Comando di Brigata si trasferi a Livorno riunendosi a tutte le altre unità operative, mentre a Pisa il CEPAR cambio denominazione assumendo quella di Scuola Militare di Paracadutismo (SMIPAR).

    Negli anni successivi la "Folgore" si è trovata in prima linea, sia nei casi di emergenza civile, quali inondazioni (1966) e terremoti, sia in quelle occasioni in cui l' uso della forza è stato inevitabile.
    Finalmente il 10 giugno 1967 la Brigata Paracadutisti fu autorizzata a fregiarsi del glorioso nome di "Folgore" mentre ai suoi effettivi, pochi giorni dopo, fu assegnato il basco di colore amaranto, seguendo una tradizione comune a quasi tutti i paesi del mondo, che vuole le truppe d'elite dotate di baschi dai colori immediatamente identificabili.
    L'attivitá addestrativa prosegui intensa, portando i membri della Brigata ai più alti livelli internazionali, grazie anche a numerose esercitazioni, spesso in ambito N.A.T.O., che ne ufficializzarono la preparazione.
    Di pari passo prosegui l'ammodernamento dei mezzi e dei materiali in dotazione, in particolar modo di quelli aerei con la progressiva sostituzione dei vecchi C-119 da parte dei più moderni e capaci C-130 HERCULES e dei G-222 di progettazione italiana, oltre che l'adozione di elicotteri di vario tipo.

    Il 1971 tuttavia veniva funestato da una grande tragedia: l'alba del 9 novembre un C-130K della Royal Air Force, rischierato insieme ad altri velivoli dello stesso tipo a Pisa per un ciclo di esercitazioni, si inabissava dopo il decollo nella zona delle secche della Meloria con a bordo 46 paracadutisti della Brigata partiti per effettuare un aviolancio in Sardegna. Nelle difficili operazioni di recupero perdeva la vita anche il Serg. Magg. Giannino Caria del btg. sabotatori, decorato alla Memoria di Medaglia d'Oro al Valor Civile ed a cui oggi è intitolata l'ammiraglia della piccola flotta di imbarcazioni della Brigata.

    Dalle origini ad oggi la tradizione continua !!! La ristrutturazione dell'Esercito italiano, avvenuta nel 1975, che mirava a privilegiare la componente qualitativa rispetto a quella quantitativa, incise profondamente sulla struttura della Brigata, con lo scioglimento del 1° reggimento, l' assegnazione di un nominativo ai singoli battaglioni o gruppi e la costituzione di nuove unita di supporto. In base a tale ristrutturazione i battaglioni paracadutisti 2° e 5° assunsero la denominazione di Tarquinia e El Alamein il battaglione carabinieri assunse quello di Tuscania, il battaglione sabotatori divenne 9° Col Moschin ed il gruppo di artiglieria fu ribattezzato 185° Viterbo, mentre il reparto aviazione divenne 26° gruppo squadrone A.L.E. Giove.
    Vennero inoltre costituiti un battaglione logistico e le compagnie esplorante, controcarri, e genio pionieri, tutti identificati dal nome di "Folgore". Contemporaneamente il battaglione reclute della Scuola Militare di Paracadutismo di Pisa assunse la numerazione di 3° e la denominazione di Poggio Rusco.
    Successivi riordinamenti organici, interni alla Brigata, portarono allo scioglimento delle compagnie esplorante e controcarri, i cui effettivi, con logica evolutiva tendente a rendere sempre più efficienti e autonome le unità base, furono ripartiti in seno al 2° e al 5° battaglione. Infine esigenze di ordine logistico, resesi necessarie per ridurre il numero dei reparti esistenti presso la sede di Livorno, portarono ad una dislocazione del 5° battaglione e della compagnia genio pionieri, ora genio guastatori, rispettivamente presso le nuove sedi di Siena e di Lucca.
    Nell' anno 1992 veniva costituito il 183° btg. Nembo con sede nella città di Pistoia, razionalizzando così l' insediamento territoriale della Brigata. L'anno successivo il 183° Battaglione, divenne 183° Reggimento costituto dal Battaglione fucilieri e dalla Compagnia CCS. E così via tutti gli altri, il 2°, con sede alla caserma Vannucci di Livorno divenne 187° Reggimento Paracadutisti Folgore, e il 5° Battaglione 186° reggimento Paracadutisti Folgore.

    I Battaglioni rimasero, vennero integrati nei Reggimenti, cosicchè ogni Reggimento era costituito da un Battaglione composto da quattro compagnie fucilieri e una compagnia mortai pesanti, e da una compagnia comando e servizi esterna al battaglione che dipendeva direttamente dal Comando di Reggimento.

    Nacque anche il 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti, con sede a Livorno alla caserma Pisacane.

    Il Reggimento aveva una struttura simile ai Reggimenti 183,186,187, ma le Compagnie operative venivano chiamate "batterie" ed erano inquadrate in un Battaglione.

    Negli anni successivi i Battaglioni ebbero qualche cambiamento a livello di Compagnie fucilieri (da quattro a tre), ma la struttura rimase fondamentalmente intatta. Tuttavia ci furono significativi cambiamenti nel resto della Brigata.

    Nel 1995 il 9° Battaglione Col Moschin prese la denominazione di 9° Reggimento.

    Nel 1999 la SMiPar, Scuola Militare di Paracadutismo con sede a Pisa, divenne CeAPar (Centro Addestramento Paracadutismo).

    Nel 2000 il 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti divenne 185° R.A.O., Reparto Acquisizione Obiettivi e fu inquadrato nelle Forze Per Operazioni Speciali.

    Nello stesso anno i Carabinieri escono dall'Esercito costituendo una propria Forza Armata e di conseguenza il Reggimento Carabinieri Paracadutisti Tuscania esce dalla Folgore.

    Nel 2001 viene ricostituito l'8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti con sede a Legnago (Verona), che andrà a sostituire il Battaglione Genio Guastatori Paracadutisti di Lucca.

    Nel 2001 l'ultimo cambiamento ai Battaglioni del 183°, 186° e 187° ai quali venne aggiunta una compagnia controcarri.



    Tuttavia nel 1997, speculazioni di una nota corrente politica, hanno rischiato di far sparire per sempre i Baschi Amaranto, la Brigata folgore ha rischiato realmente lo scioglimento.

    Montato ad arte il "Somalgate" dal settimanale "panorama", nell'Aprile 2001 la sentenza della Giustizia Italiana:

    Le foto apparse sul periodico erano state manipolate, insomma, fotomontaggi. E i racconti accusatori dei pseudo-parà italiani, storie gonfiate ad arte da mitomani in cerca di notorietà, probabilmente finanziati da "qualcuno" che non ha mai gradito la Brigata Paracadutisti. Ma la Folgore ha "tenuto botta", si è chiusa in se stessa come fanno le Grandi Famiglie, ha resistito come è Suo Stile ed ha atteso il momento del grande riscatto.

    Oggi la Brigata Paracadutisti è così composta:



    Reparto Comando e Supporti Tattici - Sede a Livorno

    Centro Addestramento Paracadutistmo - Sede a Pisa

    183° Reggimento Paracadutisti "Nembo" - Sede a Pistoia

    186° Reggimento Paracadutisti "Folgore" - Sede a Siena

    187° Reggimento Paracadutisti "Folgore" - Sede a Livorno

    8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti - Sede a Legnago

    185° Reggimento Acquisizione Obiettivi - Sede a Livorno

    9° Reggimento D'assalto Paracadutisti "Col Moschin" - Sede a Livorno



    Dopo anni di impiego a "singhiozzo" e di secondo livello nelle missioni umanitarie, la Folgore torna ad operare in quelle pericolosissime zone del mondo per cui è stata creata, essendo stata schierata negli ultimi anni in Kosovo ("richiamata" spesso nei Balcani per ristabilire l'ordine nei periodi di caos), in Afghanistan, Sudan ed Iraq. Nell'ultimo anno, 2005, ha addirittura schierato contemporaneamente i suoi cinque leggendari Reggimenti 9°, 183°, 185°, 186°, 187° tra Sudan ed Iraq.

    Gli Incursori del 9° Reggimento Col Moschin, manco a dirlo, non hanno mai trovato pausa, sono l'unico Reggimento, non solo dell'Esercito, ma delle intere Forze Armate Italiane ad aver partecipato a tutte le missioni all'estero in cui è stata coinvolta l'Italia.

    Dato importante è stato l'impiego dell'intera Brigata al G-8 di Genova nel luglio 2001. Ai Paracadutisti il compito di garantire la sicurezza all'aeroporto Cristoforo Colombo, considerato "zona rossa". Nei giorni caldi del G-8 i Parà italiani ebbero l'esclusivo ed importante incarico di garantire, insieme al personale americano, la sorveglianza all'Air Force One, l'aereo del Presidente degli Stati Uniti George Bush.

    Superata quindi "l'oscurita" voluta da una particolare componente politica che governava l'Italia nella seconda metà degli anni novanta, la Brigata è tornata nei posti che le competono, quelli dove è necessario un addestramento ai massimi livelli per disimpegnare i compiti assegnati.
     
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