I "LIBERATORI" DELLA SICILIA

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  1. BASE OVEST
     
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    ECO DI BERGAMO DEL 17 APRILE 2009


    Ma davvero lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943 avvenne in maniera indolore, davvero americani e inglesi furono accolti come liberatori con l'esercito italiano (ancora schierato al fianco dei tedeschi) a stendere tappeti rossi sulle spiagge orientali dell'isola?

    Ci furono battaglie, ci furono cannoneggiamenti, bombardamenti, scontri violentissimi. Migliaia di soldati morti. Ci fu la cruenta battaglia di Gela. E poi ci fu l'oblio. Con la fine delle ostilità venne introdotta una versione edulcorata dei fatti, come se l'occupazione della Sicilia fosse avvenuta in maniera pacifica, una sorta di marcia trionfale acclamata dalla popolazione.

    Non fu proprio così. Uno squarcio di realtà oltre lo stereotipo accreditato in questi sessantasei anni viene offerto dal volume di Andrea Augello dal titolo Uccidi gli italiani che nel sommario annuncia: Gela 1943 - La battaglia dimenticata (Mursia editore, 200 pagine, 15 euro). Un libro scritto da uno studioso di destra che tuttavia viene riconosciuto nella sua obiettività da una postfazione di Anna Finocchiaro, siciliana, nota parlamentare del Partito Democratico.

    Il titolo non è casuale. Scrive l'autore: «I britannici distribuirono alla truppa un libretto intitolato The Sicily Zone Handbook... l'indicazione era di diffidare della popolazione. Per aiutare i paracadutisti lanciati oltre le linee a riconoscere i loro commilitoni provenienti dalle spiagge, la parola d'ordine era "Uccidi gli italiani". Il generale Patton era stato molto più colorito. Rivolgendosi ai suoi ufficiali alla vigilia dello sbarco aveva usato la famosa formula: "Kill, kill and kill some... Se si arrendono quando tu sei a 2-300 metri da loro, non pensare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola e poi spara. Si fottano. Nessun prigioniero».


    La Settima Armata americana puntò a sbarcare settantamila uomini con 250 mezzi corazzati lungo un fronte di 58 chilometri lungo la costa della Sicilia Orientale. Lo sbarco vero e proprio ebbe inizio alle 2 del mattino del 10 luglio del 1943. Nella zona di Gela gli italiani schieravano una prima linea formata da quattro battaglioni dei reggimenti costieri. Più indietro una compagnia di bersaglieri, una di mitraglieri e una autotrasportata con una dozzina di carri armati leggeri semoventi. Indietro la divisione Livorno e la divisione tedesca Goering. Gli americani sbarcarono sulla sabbia di Gela alle 2.45, i ranger corsero all'assalto. I carabinieri presero posizione nell'ex hotel Trinacria...

    Lo scontro divampò anche vicino alla diga, nelle vie del paese. Morirono anche dei civili. Alla foce del fiume Dirillo caddero tutti gli uomini di un plotone costiero. In questa prima notte dello sbarco e nella sola zona di Licata persero la vita 173 americani, 123 italiani e 40 tedeschi. Alla mattina irruppero i piccoli carri armati italiani, fanti armati di moschetti e mitragliatrici. I carri erano del modello Renault 35 e Fiat 3000, niente a che vedere con Tigre o Sherman.

    Ma incredibilmente travolsero gli avamposti americani insieme ai bersaglieri. Iniziò il bombardamento costiero delle navi americane, ma i piccoli carri non si fermarono e scavalcarono anche l'ultima linea di difesa lungo la ferrovia. Primo a passare fu il tenente Navari, il suo carro però si fermò nelle vie del paese, il pilota scese, riuscì a farlo ripartire usando la manovella, ma venne colpito a morte. Angelo Navari si affacciò dalla torretta, vide il suo pilota esanime. Chiuse il portello e ripartì alla carica verso il centro di Gela. Degli altri piccoli carri armati non c'era più traccia, Navari continuò la sua corsa, arrivò fino alla chiesa, a 300 metri dalle spiagge: aveva tagliato a metà la testa di sbarco americana.

    Il carro venne colpito a un cingolo, Navari uscì dalla torretta, fu circondato dagli americani che fecero fuoco e lo uccisero. L'epopea di Navari diventò argomento dei cantastorie siciliani, al pari di Orlando e dei suoi paladini.


    La battaglia continuava, scese in campo la divisione Livorno; la Hermann Goering comparve nel pomeriggio e travolse le posizioni americane avanzate. Il tramonto colse i due schieramenti in una posizione di equilibrio. Ben diversamente le cose erano andate in altra zona per l'ottava Armata del generale Montgomery, che invece aveva conquistato Siracusa e la piazza di Augusta. Ma qui a Scoglitti, Gela e Licata il generale Guzzoni, comandante delle forze italiane, non aveva nessuna intenzione di abbandonare il campo: aveva messo in difficoltà gli Alleati e si rendeva conto di avere delle possibilità di successo.

    Scrisse l'autore: «Ma, come Guzzoni aveva previsto fin dal primo rapporto inviato a Roma, ora c'è il rischio che, nel momento decisivo, non si riesca a respingere in mare l'invasione proprio per la mancanza di adeguate riserve mobili». La notte fra il 10 e l'11 la Livorno e la Goering prepararono lo schieramento per il nuovo attacco contro le forze Usa fra Gela e Scoglitti. L'offensiva partì di prima mattina, si lanciarono all'attacco anche gli aerei tedeschi e italiani che cercarono di disturbare la flotta in modo che alleggerisse i bombardamenti sulla costa. Alle 6.30 partì l'attacco della Livorno. Il terzo battaglione della divisione arrivò tra le prime case del paese, a due chilometri dalla spiaggia. Alle 11 le principali linee americane cedevano in più punti. La Goering era a mille e cinquecento metri dal mare. Scrive Augello: «Gli italiani intercettano un messaggio radio di Patton che ordina il reimbarco. Questo episodio verrà in seguito negato con forza dagli americani, ma il generale Faldella, Capo di Stato Maggiore del generale Guzzoni, lo riferisce citando un documento di cui rimane menzione nel Diario della Sesta Armata italiana».
    Ma il reimbarco non avvenne. Patton si affidò alla potenza di fuoco della flotta, migliaia di colpi micidiali. La battaglia di Gela si sbloccò a favore degli Alleati attorno a mezzogiorno quando al diluvio di colpi provenienti dalle navi si aggiunse l'arrivo di una colonna di carri Sherman provenienti da Licata. Ma i combattimenti continuarono per tutto il giorno e la notte seguente. «Gli ultimi a resistere, fino alle 7.30 del 12 luglio, sono gli artiglieri della compagnia cannoni del Gruppo mobile E. Esaurite le munizioni dei pezzi di artiglieria si difendono con bombe a mano e fucili... L'alba del 12 luglio illumina un campo di battaglia che non dovrebbe essere dimenticato: 2.000 soldati e 214 ufficiali italiani giacciono senza vita, mescolati e confusi ai loro avversari americani che, tra morti, feriti e dispersi, sommano 2.300 vittime. Infine i tedeschi hanno perduto 600 soldati e 30 ufficiali. Dal giorno dello sbarco sono deceduti circa 3.300 italiani e 800 tedeschi». Non si è mai conosciuto l'esatto numero di morti americani, ma si può affermare che durante l'intera battaglia di Gela morirono fra tutti almeno settemila uomini.
    Al termine del libro, Andrea Augello si domanda come sia nata la leggenda di una Sicilia abbandonata agli Alleati quasi senza combattere e fa riferimento a un «pregiudizio razziale» angloamericano che sottovalutava gli italiani a vantaggio dei tedeschi. E scrive: «Nel prosieguo della campagna subentrò un più sottile disegno politico. Il territorio occupato doveva essere amministrato, limitando al minimo ogni problema: in questa chiave la comunità italo-americana, in prima fila i picciotti di Brooklyn, fu considerata una risorsa... Ma in realtà i cosiddetti uomini d'onore furono abili soprattutto nel dilatare i loro meriti agli occhi dei servizi segreti americani, ai quali non fornirono nessun insostituibile supporto dal punto di vista militare e/o dell'intelligence».
    Paolo Aresi
     
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  2. HUSKY2
     
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    a breve usicrà una mia pubblicazione a tal proposito, che chiarirà diverse cose. Ecco alcuni tratti in assoluta anteprima che dimostrano che gli alleati, quandoi non avevano vantaggi e coperture varie, come spesso accadeva, prendevano batoste.

    E’ importante e doveroso ricordare che gli Angloamericani riuscirono a porre sull’isola il totale delle Divisioni della prima ondata di sbarco, solo il 12 luglio, ovvero due giorni dopo l’inizio di Husky. Ciò fu dovuto anche alla resistenza opposta dai reparti costieri interessati dallo sbarco (la 18ª Brigata del Gen. Orazio Marescalco, la 206ª Divisione del Gen. Achille D’Havet, la 207ª Divisione del Gen. Ottorino Schreiber, sostituito dal Gen. Augusto De Laurentis, ed il 10° Reggimento Bersaglieri del Ten. Col. Pio Storti) che cercarono nei limiti del possibile di contenere l’assalto e l’accerchiamento nemico al prezzo della vita di tanti soldati. In molteplici casi infatti reparti quali Plotoni, Compagnie, Battaglioni o Reggimenti Italiani, nonostante l’isolamento ed il diluvio di bombardamenti aerei e navali, riuscirono a bloccare per ore intere forze nemiche nettamente superiori e meglio equipaggiate.

    la battaglia di Gela vide l'itervento della Fjpzgr div H . Goering e la Divisione Livorno del Gen. di Div. Chirieleson, che mise in crisi i reparti della 3 Div Usa Marne, la Livorno subì gravissime perdite, poiché tra il 10 e l’11 luglio ebbe 7200 soldati tra morti, dispersi e prigionieri su un totale di 11.500. Ciò fu causato principalmente dal bombardamento navale ed aereo nemico che intervenne a salvare le prorpie fanterie.

    battaglia di Solarino. In tale evento si sacrificarono i reparti della Divisione Napoli del Gen. Div. Gotti Porcinari, che nonostante l’assoluta inferiorità di uomini e mezzi ed i devastanti bombardamenti aereonavali, impedirono l’avanzata di fanterie e reparti corazzati nemici per diversi giorni, sino all’esaurimento totale delle munizioni. ( mio nonno combattè in questa battaglia).

    La piana di Catania divenne teatro di guerra già a partire dal 14 luglio, allorquando tutto il fronte si stava ritirando verso nordest. Poco a sud della piana infatti si erano già accesi diversi focolai a macchia di leopardo, in zone quali Brucoli, Carlentini, Sferro, il Simeto e la costa orientale (Cozzo Telegrafo).
    La piana rappresentò un tragico zoccolo duro per gli uomini di Montgomery, i quali dopo la facile presa di Siracusa, dovettero arrestarsi (nonostante i continui bombardamenti della Flotta navale Inglese lungo tutta la costa orientale da Siracusa sino a Messina) contro la durissima resistenza Italotedesca che culminò in una delle battaglie più pesanti e sanguinose della campagna di Sicilia, presso il ponte di Primosole, una struttura di 120 m (circondata nei paraggi da opere fortificate di sbarramento stradale, del tipo pcm) intesa come importantissima via di accesso (10 km a sud) alla città di Catania, obiettivo prioritario Inglese per via del porto e degli aeroporti.
    La difesa di questa importante infrastruttura (già predisposta dai Tedeschi per saltare in aria), mentre la difesa del porto “E” e della città di Catania veniva ben predisposta dal suo comandante Gen. Div. Passalacqua, fu serratissima da parte dei parà Tedeschi, forti di un Battaglione e tre Compagnie, insieme, ad i reparti della 213ª Div. cost. (Gen. Div. Gotti) ed alle 112°, 113°, e 120° Compagnie costituente il II° Battaglione Arditi Italiani, al comando del Maggiore Vittorio Marcianò, il quale per primo con un colpo di mano conquistò il ponte il 15 luglio togliendolo agli Inglesi, costretti a ritirarsi poco a sud verso il bivio Jazzotto.
    Le forze Italotedesche riuscirono a bloccare in zona Primosole l’ intera 151ª Brigata di fant. Durham (appartenente alla 50ª Div.) e la 51ª Divisione di fant, le quali nettamente superiori e munite di un maggior numero di artiglierie, operavano coperte dal fuoco di artiglieria navale, col supporto di apposite operazioni anfibie e di aviolancio (Fustian e Marston). La difesa Italotedesca cessò soltanto il 17 luglio, dopo l’ultimo sanguinoso scontro tra parà diavoli verdi Tedeschi e diavoli rossi Inglesi, i quali in seguito non mancarono di scambiare gesti di doveroso rispetto verso i “colleghi”. Gli Inglesi perdettero circa 800 uomini tra morti, feriti e dispersi.
    Tuttavia la difesa di Catania continuò in zona fosso Buttaceto, che insieme alla Playa rappresentava l’ultimo ostacolo per l’accesso alla città da sud. Fu qui che si consumò l’ultima forte resistenza da parte del 3° e 4° Reggimento di parà Tedeschi con alcuni reparti della Div. Goering, insieme a reparti Italiani del II° Btg. Arditi e della 213ª Div. Cost. che decimarono la 168ª Brigata Inglese (sostituta della 151ª Brigata Durham), le quali rimasero inchiodate in zona Primosole sino al 4 agosto, nonostante il tentativo di aggiramento verso Misterbianco da parte della 5ª Divisione. La notte del 5 agosto la Divisione H. Goering lasciò Catania, sotto la protezione dei resti di due Btg. Italiani, il 372° ed il 434°, schierati in prima linea a sud della città.
    Agli Inglesi, con grande stupore dello stesso Gen. Montgomery, uno di coloro che prevedeva la conquista della Sicilia in solo 15 giorni, e che rimase meravigliato da quanto accaduto, poiché aveva stabilito la presa di Catania per il 16 luglio, furono dunque necessari oltre 20 giorni per poter entrare nella città Etnea (5 agosto). Il fosso Buttaceto per le sue caratteristiche fu denominato dai Tedeschi “Der Panzergraben”, ovvero il cimitero dei carri armati. Ciò a conferma del fatto che, come si vedrà nelle battaglie successive, le truppe Alleate seppur superiori circa uomini, mezzi ed organizzazione, allorquando si trovavano ad attaccare senza l’ausilio di truppe corazzate, zone nemiche ben difese e protette da attacchi navali ed aerei, non riuscivano ad avanzare. Lo stesso Maresciallo Alexander (che aveva sostenuto che la Sicilia sarebbe caduta in 10 giorni circa), comandante in capo del 15° Army Group. delle forze di terra e dell’ Op. Husky, in seguito ai fatti della Piana di Catania dovette considerare la concreta ed imprevista possibilità circa l’arrivo dell’Armata Americana a Messina prima di quella Inglese, al contrario di quanto stabilito dal piano di Husky.

    Il 23 luglio si verificò un'altro importante evento bellico della Campagna Siciliana, ovvero la sanguinosissima battaglia di Agira, cittadina posta sulla rotabile 121.
    Allo scopo di sfondare il centro della linea S. Stefano, gli Inglesi forti di due Brigate ed un Reggimento, decisero l’attacco di Nissoria per aprirsi la strada verso Agira, ma Nissoria fu prima ben difesa dal Kampfgruppe Ens insieme ai gruppo tattici Coco e Mastrangeli della Div. Livorno, e poi lasciata al nemico. Ma gli Italotedeschi attuando la ben nota tattica, dopo il fuoco di artiglieria Inglese, ritornarono sul posto annientando un intero Reggimento Inglese e mettendo fuori combattimento ben 14 carri.
    Il giorno successivo fu dunque deciso un attacco per mano della 1ª Brigata Inglese su Agira mentre la 231ª Brig. Malta doveva aggirare le posizioni bloccando la strada Agira - Regalbuto. Gli scontri furono aperti da un Battaglione Inglese il quale però, causa scarsa portata dei collegamenti radio, non poté richiedere l’appoggio dell’ artiglieria e fu quindi respinto per ben due volte da violenti contrattacchi Tedeschi. Gli scontri si protrassero anche il 27 luglio ad opera del 231ª Brig. Malta col rinforzo della 2ª Brig. Canadese, senza successo. L’attacco fu ripetuto dagli stessi reparti secondo una tattica aggirante da sud ed ovest, questa volta con migliori risultati poiché un bombardamento di 80 cannoni riuscì a far arretrare i reparti Italotedeschi a Regalbuto. Il 28 luglio dopo cinque giorni di combattimenti Agira fu presa dagli Inglesi ad un prezzo altissimo, infatti la 1ª Brig. Canadese perse 438 uomini, 300 la 231ª Brigata Malta, a fronte di 328 morti e 690 prigionieri Tedeschi e 200 morti Italiani propri del II° Btg. del 34° Rgt. fant. Livorno, oggetto di ammirazione e plauso da parte Tedesca.
    Anche la successiva battaglia per la conquista di Nicosia costò parecchia fatica alle forze Alleate. In questa occasione dopo le battuta di arresto della 45ª e 3ª Div. sul versante ovest presso le Madonie (il crinale di Tusa fu soprannominato dagli Americani “the bloody ridge - cresta insanguinata”, per le elevate perdite avute negli scontri con il gruppo tattico Ulich) e poi sulla linea S. Stefano, causata dalla tenace resistenza della 29ª Pzgr. Div. Tedesca ed i reparti Italiani delle Div. Aosta ed Assietta, gli Americani sperimentarono la dura resistenza del nemico con la 1ª Div. che per prendere Nicosia utilizzò due Reggimenti di fanteria supportati da ben sei Battaglioni di artiglieria e due batterie di “Long Tom” da 155 mm, ma la difesa Italotedesca (a cui prese parte attiva il I° Btg. del 6° Rgt. Fant. del Cap. Rezoagli) vanificò il tutto. Solo una manovra aggirante consentì il 29 luglio di prendere Nicosia e controllare una parte di rotabile 120 in direzione Troina, nella quale nel frattempo venivano approntate le prime difese in previsione di una dura battaglia.

    A causa della progressione della 78ª Div. Inglese da Agira in direzione Adrano, il comando Tedesco decise l’invio tra Centuripe e Regalbuto, del I°, II° e III° Btg. del 3° Rgt. Fallshirmjager, più una Compagnia di Pioneeren (genieri), che con la loro presenza bloccarono l’avanzata Inglese, già di per sè lenta. La sera del 31 luglio gli Inglesi forti della solita superiorità numerica, decisero l’attacco con di un Reggimento della 11° Brigata, insieme ad un Reggimento della 36ª Brigata, che però vennero investiti e bloccati dal violento fuoco difensivo Tedesco. Decisero perciò di attaccare con altri due Reggimenti della 36ª Brigata, ma senza alcun risultato. Ciò indusse il comando Britannico a richiedere l’intervento dell’aviazione che con due ondate spianò Centuripe, senza però scalzare i Tedeschi dalle loro posizioni. Gli attacchi di fanteria ricchi di scontri corpo a corpo, si ripeterono giorno 1 e continuarono sino al 2 agosto, giorno in cui il comando Tedesco ordinò l’abbandono delle posizioni sino ad allora difese, con la conseguente occupazione Inglese giorno 3.

    L’abbandono di Centuripe costrinse i Tedeschi ad arretrare in zona Monte Pelato, Troina, Adrano, Belpasso, Catania nord. Giorno 5 l’intero fronte definitivo della linea San Fratello arretrava in zona Monte Pelato- Serra Castagna-, Troina- Revisotto- Adrano- Biancavilla- Belpasso- Acireale.
    Troina non solo era il perno della linea San Fratello, ma come per Nicosia prima e Randazzo successivamente, poiché ubicata sulla rotabile 120 era anche luogo di grande importanza per l’avanzata Alleata verso l’interno. Essa rappresentava il fulcro dell’Ätna Stellung sul quale poggiava l’intera difesa Italotedesca. Se Troina fosse anzitempo stata presa dagli Alleati, l’Etna sarebbe stato aggirato da ovest e molto probabilmente la Campagna di Sicilia sarebbe finita in quell’istante.
    Per tali motivi si spiega l’agguerrita difesa da parte dei gruppi tattici Ens e Fullriede della 15ª Pzgr. Div. e della Div. Aosta col I° Btg. del 5° Rgt. fant. (Ten. Col. Gianquinto, poi decorato con Croce di ferro),della 3ª Batteria del CLI° Gruppo di art., la 2ª Batteria del 22° Gruppo Art., il I e II° Btg. del 28° Gruppo di art., i quali seppur sotto i continui bombardamenti aerei (ad opera di oltre 20 B24) e terrestri durati un’ora, sbarrarono il passo all’intera 1ª Div. di fanteria Americana più un Reggimento, sino al 6 agosto, giorno in cui cadde anche Belpasso seguita da Adrano il 7, Bronte ed Acireale l’ 8. Finita la dura battaglia di Troina, un ufficiale Americano, il tenente Charles P. Hormer che vi partecipò disse: ” Non mi è mai successo di desiderare a tal punto la cattura di una città come in questa occasione”. Un altro militare, l’Ammiraglio storico Morrison affermò “La 15 Div. Tedesca e la Div. Aosta fecero un’intrepida resistenza contrattaccando non meno di 24 volte”.

    Dunque l’ 11/12 agosto venne effettuata l’operazione Brolo Beach che prevedeva uno sbarco anfibio ancora una volta a cura del 2° Btg/30° Rgt. del Lt.Col. Bernard (650 uomini), su un tratto di spiaggia di questo piccolo centro ubicato a dieci miglia dietro le linee nemiche, allo scopo di intrappolare la 29ª Pzgr. Div. Tedesca.
    Ma il Battaglione Americano facente parte della 3ª Div. di Fant, per un errore tattico (e forse anche per l’esiguità del reparto, numericamente troppo basso) sbarcò in un punto assolutamente sconveniente che non dava possibilità di passaggio alle truppe corazzate, trovandosi così sotto il tiro del comando del 29° Artillerie Rgt. Tedesco (Oberst Fritz Polak), composto per l’occasione da due Battaglioni di Pzgr. ed alcune Compagnie Flak e FjPzgr. Tali reparti asserragliati sul vicino monte Cipolla (220 m.) scatenarono un inferno di fuoco contro le truppe Americane che rimasero inchiodate sulla spiaggia. Per risolvere la complicata situazione dovettero intervenire la marina e l’ aeronautica che bombardarono le posizioni nemiche, ma dovettero nel contempo difendersi con gravi perdite dagli attacchi aerei della Luftwaffe (ormai la sola ad operare nei cieli Siciliani). Prima che giungesse l’oscurità i reparti Italotedeschi erano riusciti a sganciarsi dalle posizioni ed arretrare verso Messina, facendo saltare un tratto di strada in località Capo Calavà. Finita la battaglia il Lt. Col. Bernard aveva perso 177 uomini tra morti e feriti, l’operazione Brolo Beach non aveva raggiunto l’obiettivo primario prefissato.

    Nel frattempo lo stesso 11 agosto, sul versante centro-meridionale difeso dalle Divisioni Tedesche della 15ª, HG e Iª paracadutisti, si verificava l’abbandono della città di Randazzo, perno centrale della linea Tortorici ed il conseguente ingresso della 9ª Div. Americana e 78ª Inglese il giorno 12. La presa di Randazzo che era regolarmente colpita dai bombardieri Angloamericani sin dal 13 luglio (il 16 fu anche incendiata), fu devastata da 745 bombardieri i quali nei giorni 6, 7 ed 8 agosto effettuarono ben 24 incursioni per ciascun giorno, distruggendo o danneggiando l’80% delle abitazioni.

    aggiungo anche gli scontri in zona Tusa (chiamata poi dagli americani la cresta insanguinata) e sul torrente Furiano. Si consieri anche che gli italotedeschi riuscirono a portare in continente 100.000 uomini attraverso lo stretto di Messina .

    Chiariamo anche il fatto che gli alleati stessi non si definivano liberatori, bensì truppe di occupazione, infatti la sigla AMGOT significa governo militare alleato dei territori occupati.
     
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  3. BASE OVEST
     
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    husky se e' un libro...fammi sapere in anticipo.
     
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  4. HUSKY2
     
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    si è un libro, spero esca a giugno. Ti terrò informato
     
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3 replies since 25/4/2009, 15:56   1828 views
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